2° RACCONTO
LA CUCINA DELLA TRADIZIONE

LA CUCINA DELLA TRADIZIONE

TRADIZIONE IN MOVIMENTO
INNOVAZIONE SENZA TRADIMENTO


DURCH EUROPA BEI NACHT
EGON SCHIELE

Questo che vedete è un disegno ad acquarello e china eseguito da uno dei miei pittori preferiti, Egon Schiele, quando aveva appena sedici anni. La traduzione del titolo in italiano è “Attraverso l’Europa di notte”.

I fari del treno che squarciano il buio illuminano sia la parte anteriore, cioè quello che sta per diventare, ad-venire, sia quella posteriore, cioè quello che è passato, ad-venuto.

La parola Tradizione viene dal latino tradĕre, trasmettere, consegnare. Si consegna qualcosa a qualcuno che è presente, che si è incontrato. Per questo mi piace dire che la Tradizione è la risultante evidente e indubitabile di un incontro.

Dalla stessa radice deriva tuttavia anche la parola tradire, attraverso il significato di “consegnare ai nemici”.

Luigi Veronelli, maître a penser, fine dicitore e scrittore sublime prima ancora che grand gourmet, diceva, a proposito della tradizione:

 “La tradizione è piattaforma su cui solo posare i piedi così che sia possente il balzo in avanti. Niente tradisce più la tradizione che il beota ripetere”.

Il balzo in avanti è quella colla che ci unisce, ci dà un’identità, tiene sì conto della propria storia personale ma anche e soprattutto di quella collettiva, e perciò consente di guardare al passato in forma critica, senza malinconie struggenti, e ci dà la chiave, rimossi errori e ataviche situazioni stagnanti, per l’apertura al preferibile uso etimologico del termine: consegnare qualcosa a qualcuno, e non consegnare ai nemici.

Questa conoscenza primordiale, spesso inconsapevole, di memorie e testimonianze di cui si deve tenere conto ma da cui ci si deve in qualche modo allontanare per non tradire la tradizione col beota ripetere, è piattaforma su cui solo posare i piedi così che sia possente il balzo in avanti.

Per quanto riguarda la cucina, il rischio di cancellare da un piatto della tradizione gli elementi distintivi della terra da cui ha preso origine è elevato. Non è mai facile capire quanto sia da rimuovere, se troppo o troppo poco, e quanto da aggiungere.

È sempre un particolare, anche piccolo, che determina e segna il tutto, che trasforma la cucina della nonna, prettamente materica, in quella mescolanza perfetta tra tradizione e innovazione, dove si è rimosso il di più e aggiunto il mancante.

UN POSSENTE BALZO IN AVANTI: IL BAROLO

Circa due secoli fa Camillo Benso conte di Cavour, giovane di esuberante ingegno, fu inviato dalla Real Casa di Savoia a Grinzane, presso i marchesi Falletti di Barolo, per un necessario periodo di riflessione.

Qui era Giulia Vittorina Colbert de Maulévrier, per volere di Napoleone Bonaparte venuta in sposa dalla Vandea al marchese Carlo Tancredi Falletti la quale, abituata ai vini francesi di grande struttura e invecchiamento e non soddisfatta del vino del luogo, fece venire dalla Francia un celebre enologo di sua conoscenza, certo Louis Oudart. Al tempo il Barolo, che oggi noi conosciamo come un vino nobile e corposo, era un vino di bassa gradazione e leggermente dolce che si beveva da un anno all’altro. Monsieur Oudart, con l’interessamento del giovane conte, cambiò il tipo di vinificazione del Nebbiolo, vitigno da cui si produce il Barolo, introducendo i metodi già in voga oltralpe nella regione del Bordeaux, migliorando la tecnica di fermentazione con l’uso di lieviti selezionati e l’affinamento in botti di rovere.

La fama di questo nuovo vino non tardò ad espandersi, tanto che re Carlo Alberto, incuriosito, ammonì la marchesa imperocché mai gli aveva fatto gustare quel suo famoso vino del quale tanto aveva sentito parlare. Fu così che la marchesa Juliette ebbe premura di inviare in dono al sovrano 325 botti, una per ogni giorno dell’anno, escluso quelli del periodo di Quaresima.

A proposito di Quaresima.

UN ALTRO POSSENTE BALZO IN AVANTI: LA TEMPURA

La storia della tempura ha origini antiche. Si fa risalire al XVI secolo, quando i primi Gesuiti portoghesi raggiunsero il Giappone e fondarono missioni nel sud del Paese. Lo stesso nome pare derivi da tempora, o meglio da est tempora penitentiae che indicava il periodo di Quaresima, il periodo di digiuno durante il quale i frati, astenendosi dal mangiare carne, preparavano un piatto a base di pesce e verdure. I giapponesi naturalmente non comprendevano il latino, e dunque ogni volta che veniva presentato quel cibo (pesce e verdura in pastella fritti in olio), udendo i frati esclamare est tempora, cioè è Quaresima, finirono per pensare che quel piatto si chiamasse tempora, tempura. Quello che di geniale fecero i giapponesi fu l’introduzione dello shock termico, provocato dal contrasto tra la pastella ottenuta con farina di riso e acqua gelida e l’olio bollente, procedimento che sigilla la pastella attorno al pesce impedendo l’assorbimento dell’olio, dando così al piatto croccantezza e friabilità.

Senza questo possente balzo in avanti della marchesa Giulia Vittorina Colbert de Maulévrier, il tutto evidente e indubitabile conseguenza del suo incontro, del suo essere andata in sposa al marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, il barolo sarebbe ancora un vino leggero, di pronta beva, e non quel vino austero oggi riconosciuto come uno dei più nobili vini del mondo.

Senza questo possente balzo in avanti, senza cioè la genialità dello shock termico provocato dal contatto tra l’olio bollente e la pastella fatta con farina e acqua gelida, il tutto evidente e indubitabile conseguenza dell’incontro dei frati gesuiti portoghesi con le genti del Giappone, la tempura, uno dei piatti più conosciuti della cucina giapponese, sarebbe rimasto un semplice fritto  di pesce o verdure, mancante di quella croccantezza e friabilità per le quali oggi è in ogni dove giustamente famosa.

Se la Tradizione è la risultante evidente e indubitabile di un incontro, Il possente balzo in avanti è conditio sine qua non per cui una situazione in potenza cambia il suo stato e si trasforma in una situazione in atto. Pertanto se il nostro desiderio è che la cucina della nonna, una cucina del bisogno dunque sempre povera, spesso di recupero, si evolva in una cucina del piacere come è in gran parte la cucina gourmet di oggi, ricca di nuovi apporti che aiutano a capire quanto da rimuovere e quanto da aggiungere, fondamentale è renderla riconoscibile sempre, per poterle rendere ragione, e non tradirne l’anima: Perché l’oggi che viviamo è continuazione dell’ieri che abbiamo vissuto, tutto è sempre in divenire, e spesso le parole non bastano a descrivere l’esperienza.

Dedicato alla nonna

Te se’ un birichìn, avrebbe detto vedendo le mie: Seppie con piselli.
Trasmesse, non tradite.

Il possente balzo in avanti, il salto, è ciò che sta per diventare (ad-venire) di un qualcosa proveniente dal passato (ad-venuto).

Sempre. Anche in cucina.

OTTOBRE 2020

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2021-02-11T00:30:04+01:00

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