Ci sono libri che hanno una storia singolare. Il 31 agosto del 2000 ero all’aeroporto di Falconara: con altre famiglie stavamo accompagnando i bambini bielorussi, in partenza dopo un periodo di soggiorno nel nostro paese. In attesa del volo, ero in compagnia di Viktoria, uno degli interpreti accompagnatori, davanti ad un espositore di libri. Con lei – laureata in Lingue e figlia della stagione post-sovietica – avevo già avuto modo di parlare di Letteratura e scambiare idee su autori russi, almeno i più famosi. Appena lo vide, mi consigliò un libro di uno scrittore a me sconosciuto: Sergeij Dovlatov. Ne parlò con un tale entusiasmo che fui subito convinto all’acquisto, ripromettendomi di leggerlo quanto prima, ma pur prendendolo varie volte in considerazione nel tempo, non l’ho mai fatto. Qualche giorno fa vedo la notizia che dava in uscita un film, Dovlatov, incentrato sulla vita dello scrittore, facendomi tornare alla mente quel libro acquistato tanti anni prima e lasciato nell’angolo dei buoni intendimenti. Un segno evidente: dovevo finalmente leggerlo. Mi vado a vedere qualche notizia su Internet quindi inizio la lettura. Il libro si intitola Compromesso (Sellerio Editore). Una sorpresa! Procedo con ordine. Sergeij Dovlatov (1941-1990) è uno scrittore anomalo, uno di quelli che inquadreresti tra gli autori dissidenti. Nato da una famiglia di artisti, studente alla facoltà di Linguistica a Leningrado, lasciò l’università dopo due anni. Frequentatore e amico di poeti (tra cui il premio Nobel J. Brodskij), venne arruolato nell’esercito e prestò servizio come guardia in una prigione militare per tre anni. Successivamente, dopo aver cambiato numerosi lavori, si dedicò al giornalismo a Leningrado, collaborando a riviste e quotidiani; trasferitosi in Estonia fu corrispondente per un giornale di Tallin. I suoi articoli non vennero sempre accettati come dovevano, anzi il più delle volte venivano corretti se non censurati. Lui stesso fu arrestato per indisciplina e non allineamento con il sistema sovietico. Come scrittore Dovlatov non ebbe sorte migliore: nessuna delle sue opere e mai stata pubblicata in URSS; addirittura una raccolta di racconti fu letteralmente incenerita dal KGB. Raggiunti gli Stati Uniti nel 1978, il nostro trovò asilo e la notorietà che gli spettava. Nella Russia post-comunista vennero pubblicate alcune sue opere. Oggi il suo valore è riconosciuto a livello mondiale. Veniamo al libro. Compromesso è una sorta di autobiografia del giornalista Dovlatov (legata al periodo estone), attraverso dodici compromessi ovvero il modo di fare di una notizia quello che non è, evitando quello che dovrebbe essere il fine primario dell’informazione: la verità. Tutto deve esse funzionale all’ideologia, tutto deve corrispondere al socialismo reale, inteso come modalità oggettiva. Data la notizia, Dovlatov propone una chiosa, più o meno lunga, alla stessa, inserendo fatti coevi, personaggi, burocrati intransigenti, poveri diavoli che cercano di arrabattarsi e che finiscono per essere i protagonisti più veri delle storie. Per raccontare tutto questo, lo scrittore sceglie la via dell’umorismo, ossia il mezzo per cogliere una risata anche là dove da ridere ci sarebbe ben poco. La mania per il modello (ovunque ci deve essere un “eroe” del socialismo), per la celebrazione, per la scrupolosa applicazione di teorie che non hanno nulla a che fare con la realtà, fanno conoscere un quotidiano che pur non parlando di arresti, purghe, gulag o quant’altro, è visto come una commedia triste: l’annullamento dell’umano. Un testo esemplare, da cui imparare e riflettere, i volti del potere sono mimetici, ipnotici… ovunque.
Bruno Bonci
(Sergeil Dovlatov, 1941-1990)