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I FALEGNAMI[seconda parte] Tra tutti i falegnami di Acqualagna, attivi fin dagli anni ’30-40, si sono distinti Aristide Lesina e Enrico Fiorani. Queste le loro brevi storie.
ARISTIDE LESINA – Inizialmente Aristide aveva la bottega sotto casa sua, in via Flaminia. Ha sposato Rosina Galli dalla quale ha avuto due figli: Fernanda e Lamberto. Il merito maggiore dI Aristide è stato quello di aver prima fatto lavorare i vari ragazzotti del paese che non sapevano cosa fare e di aver loro insegnato, bene o male, un mestiere pur tra tante difficoltà. Inoltre, a un certo punto, man mano che si ingrandiva, ma soprattutto quando ha costruito il nuovo capannone, ha assunto in pianta stabile alcuni falegnami già avanti nel mestiere che magari avevano bottegucce, ma non un futuro certo. La contabilità gliela teneva il Ragionier Marcello Marvici, detto Marmar. Tra le maestranze ricordiamo: il capo operaio Giovanni Marchetti, Flaminio Sanchini, Giusto Mascellini, Ivo Beligni, Mario Conti detto Bombi, Luciano Salsiccia detto Cagnoli, Malvina Foglietta, Elvio Ricci, Ermanno Borghesi detto Tupi e tanti altri. Nel periodo di massimo sviluppo, arrivò ad avere ben 30 operai. Facevano un po’ di tutto: tavoli, sedie, tinelli, camere da letto… Aveva rappresentanti che gli vendevano i prodotti finiti un po’ in tutta Italia e negli ultimi tempi anche nei paese arabi. Con i suoi operai ha avuto sempre un rapporto improntato alla severità, ma anche alla fiducia e alla collaborazione. Il 19 di marzo di ogni anno, giorno di San Giuseppe falegname, portava fuori a pranzo le maestranze. Dopo la sua morte ha preso le redini dell’azienda suo figlio Lamberto. Poi pian piano, per vari motivi, ha conosciuto momenti di crisi e infine un declino definitivo.
ENRICO FIORANI – Altra importante impresa artigianale di falegnameria in Acqualagna, è stata quella di Enrico Fiorani e figli. La prima sua piccola bottega era situata in via Marconi e vi si accedeva scendendo alcuni scalini. Quando i figli, piccoli, non erano ancora pronti per il lavoro di falegname, aveva alcuni operai tra cui Flaminio. Mentre prima abitava vicino al ponte di Sant’Antonio, quando gli affari hanno cominciato ad andare bene e la clientela è aumentata, ha fatto costruire, sempre in via Marconi, una casa a più piani per la numerosa prole, sotto la quale c’era un ampio laboratorio. Enrico ha fatto costruire questa casa, salvando un alberello a lui caro perché era cresciuto sopra la tomba del padre Antonio, morto nel corso della Prima Guerra Mondiale. La famiglia era composta, oltre alla moglie, da una femmina, Annunziata (la più piccola) che teneva la contabilità, e quattro maschi che man mano che crescevano, imparavano dal padre il mestiere di falegname, iniziando dai compiti più umili, come preparare la colla. Il più grande era Antonio detto Spugnin, che quando il padre è morto ha preso le redini della fabbrica. A seguire in ordine di età c’erano: Rodolfo detto Bobo, Leonardo detto Nani e Benso detto Bebe. Col tempo sono diventati tutti falegnami provetti, precisi e competenti. Tutti hanno giocato nella Falco: Antonio ala destra, Leonardo portiere, Rodolfo terzino, Benso ala sinistra. Di Leonardo c’è da dire che nella Falco si è messo particolarmente in luce, per cui è stato chiamato dalla Roma per un provino, essendosi infortunato il leggendario portiere Luciano Panetti. Il provino andò bene e lo avrebbero anche ingaggiato, ma il padre ha voluto che restasse in Acqualagna a lavorare per la ditta familiare. La fortuna di Enrico Fiorani è stata quella di esse stato amico di infanzia, all’elementari di Acqualagna, di Enrico Mattei, non a caso per un certo periodo la Ditta Fiorani ha prodotto il mobilio per i “Motel Agip”.
[Gianfranco Mangani]