INVITO ALLA LETTURA a cura di Bruno Bonci
LUGLIO 2020

UN INVITO ALLA LETTURA

Il recente lockdown ha sicuramente favorito la lettura; almeno così è stato per me. Fra le altre cose mi è capitato di leggere due testi: il primo è un racconto dello scrittore russo Anton Cechov, Una storia noiosa; l’altro una breve riflessione dello scrittore svedese Stig Dagerman, Il nostro bisogno di consolazione. Tra i due c’è una relazione.

Il racconto del grande narratore russo parla di un accademico dell’Università di Mosca (siamo alla fine del XIX secolo) che, raggiunta la maturità anagrafica, a causa di una malattia (non si capisce se reale o presunta) comincia a percepire con dolore, l’approssimarsi della morte. Questo gli permette di riflettere sulla sua vita che, pur ricca di successo, notorietà, riconoscimenti, viene considerata dallo scienziato fallimentare, vuota, angosciosa… Solo quando il racconto volge al termine e la solitudine non è la condizione ricercata, ma una compagna preziosa, si disvela il senso. “Ora esamino me stesso: cosa voglio? Voglio che moglie, figli, amici, studenti, ci amino non per il nome, l’etichetta o la marca, ma perché siamo esseri umani.”  C’è un desiderio elementare in ciascuno di noi, ma manca ancora qualcosa, poiché… “[…]non c’è nulla di generale che colleghi tutto in unità. […] E se non c’è questo, tutto il resto non conta nulla.” Un’unità che riporta al nesso che raccoglie, collega tutta la persona, tutto il suo essere. Qualcosa che Cechov chiama un centro. “Quando nell’uomo manca un centro, più forte e nobile di tutte le influenze esterne, allora gli basta un semplice raffreddore per perdere il suo equilibrio. […] Io ho scoperto l’assenza di quella che i colleghi filosofi chiamano idea guida.” Il protagonista all’appressarsi della morte ha così un’illuminazione che consente il recupero di sé e della sua esistenza… noiosa.

E’ questa la costatazione che lega il testo di Cechov a quello di Dagerman. Lo scrittore svedese, il cui sguardo sulla vita potremmo genericamente definire nichilista, affronta un bisogno umano carico di conseguenze: essere consolati. Di cosa si tratta? Certamente non di sentimentalismo o sterile rassegnazione, ma la richiesta di qualcosa di compiuto che colmi il desiderio insito alla vita stessa.

[A.P. Cechov 1860 – 1904]

Quello che Cechov chiamava centro, per Dagerman è un un punto fermo sulla terra.  A differenza del personaggio cechoviano, arresosi di fronte ad una evidenza, per lo scrittore svedese questa scoperta è impossibile. “Mi manca la fede e non potrò mai, quindi, essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la propria vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa, Non ho ereditato né un dio né un punto fermo sulla terra da cui poter attirare l’attenzione di un dio. […] di una cosa sono convinto: che il bisogno di consolazione che ha l’uomo non può essere soddisfatto.”  Di Dagerman mi piace il grido, un grido al quale non ha saputo trovare un ascolto, ma solo la sofferenza dell’insoddisfazione.
Da una parte l’uscita dalla noia e la scoperta di una possibilità; dall’altra l’appassionato anelito alla vita senza una risposta (nb. Dagerman morì suicida a soli 31 anni!)

[Renato Guttuso, Contadini al lavoro]

Leggendo, però, si può scoprire che la natura di un uomo, quella costituzione che lo pone di fronte alla vita in unità, si può trovare. A me è capitato con un personaggio del tutto secondario del romanzo autobiografico John Barleycorn di Jack London. Nelle pagine conclusive lo scrittore ci fa conoscere un contadino italiano trapiantato in California; di lui si dice che è rozzo, stupido, credulone, atipico…. “Ha ascoltato tutte le stravaganze dei profeti, che hanno soffiato per lui la gigantesca bolla di sapone chiamata Paradiso. […]E’ convinto al di là di ogni dubbio che l’universo sia stato creato per lui. […] …uno scherzo del cosmo, un capriccio della chimica, una bestia vestita… […] Eppure sogna di essere immortale, non è una cosa stupefacente, straordinaria che quello zoticone stia a cavalcioni sulle spalle del tempo, che cavalchi l’eternità?”
La semplicità del cuore, una cosa stupefacente; semplici in uno.[Bruno Bonci]

 

– A.P. Cechov: RACCONTI; qualsiasi edizione

– S. Dagerman: IL NOSTRO BISOGNO DI CONSOLAZIONE; Iperborea

– J. London: JOHN BARLEYCORN; qualsiasi edizione

[Stig Dagerman, 1923 – 1954]

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2021-02-11T00:36:06+01:00

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