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LA DIGNITA’ (1946/1947)

A marzo del ’46 ho preso appuntamento in svizzera, a Ginevra, con un professore americano, Rosen.
Al tempo avevo avuta, a causa della bomba caduta nel campo di grano, una perdita dell’udito intorno al 40%.

All’arrivo a Ginevra entriamo, a far colazione, in un bar nella cui porta d’ingresso c’era scritto: “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”.
Mia mamma, che non si perdeva mai d’animo, tirò fuori 10.000 lire dalla borsetta e aprendo la porta disse: “Siamo italiani, possiamo entrare?”.
Alla vista della banconota, il barista subito disse: “Prego, ci mancherebbe altro?”.
Il professore ci spiegò che in America le operazioni ai timpani già si facevano, ma nel mio caso i timpani erano troppo leggeri e già troppo perforati per poter intervenire.
Fece questo esempio ai miei genitori: vostro figlio ha 100 lire se lo operiamo rischiamo che piuttosto che guadagnarne 200 perdiamo anche quelle 100.
Ci aiutò a conoscere una grossa organizzazione che era entrata in italia e che costruiva apparecchi acustici che aiutavano l’orecchio a sentire e che si era stabilita a Milano in via Durini,2.

Dopo essere tornati a casa, mia nonna Annunziata, insieme a mia mamma, ritornarono a marzo del 46 a Milano, con me, per acquistare il mio primo apparecchio acustico, che forse fu anche il primo venduto dall’Amplifon in Italia.
Ci costò 120.000lire e lo pagammo con 12 cambiali da 10.000lire al mese che firmò mia nonna Annunziata.
Allora l’apparecchio consisteva in una cuffia da mettere in testa, con due battenti che colpivano la parte esterna dell’orecchio, come una cuffia telefonica di oggi, con un filo che si allungava a collana sul corpo e che mettevo in una tasca apposita che mia mamma mi cuciva nelle maglie.
Altri dottori da cui andai in visita furono: Borghesan all’Università di Palermo, Caliceti, Carcò, Lippera del S.Orsola di Bologna, Clerici di una clinica di Pesaro.  Una visita a Bologna allora costava 90.000lire.

Caliceti mi fece il certificato medico di invalidità, scrivendo che avevo subito gravi danni ai timpani, irrecuperabili, per cui sarei potuto essere invalido civile di guerra.
Mio Babbo appena saputolo, sgridò molto mia mamma e stracciò immediatamente il certificato, dicendo:” Fin che posso mio figlio lo mantengo io,.. non lo stato!

L’apparecchio mi permise di frequentare la scuola e poter ascoltare come gli altri le lezioni degli insegnanti.

1947

Nelle officine lavorara mio zio Elio, un artista del legno, bravo per quanto burbero.

Avevamo una 500 famigliare di legno che si era infradiciata.
Mio Babbo conosceva l’ingegner Tartaglia di Bologna della Fiat e lo chiamò per chiedergli il da farsi.
Lui vista la macchina gli disse di buttarla.
Mio babbo chiese allora a mio zio Elio di rifarla; la fece meglio di come era da nuova.
Mio babbo richiamò l’ingegnere a vedere la macchina ricostruita, il quale, meravigliatosi, gli chiese di fargli conoscere l’autore.
Presentatogli mio zio, l’ingegnere gli disse di volerlo subito con lui a Mantova.
Mio zio non lo fece neppure finire e a brutto muso gli disse:”s’en te levi subit di coioni, te do una zampeta sa tutt’ do le gamb!”.

da “Storie di paese: i racconti di mio padre”

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2020-05-05T10:30:05+02:00

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