Pubblichiamo la testimonianza sulla gioia dell’essere portiere del nostro amico Tommaso Zanardi.

La lettera è stata inviata a Carolina Cuoco, moglie di Silvio Cuoco ex portiere e dirigente deceduto lo scorso anno in un incidente stradale, che ha deciso di continuare l’opera del marito caratterizzata dalla passione educativa verso i giovani attraverso lo sport.

Carissima Carolina, di seguito il contributo che mi hai chiesto.
È stata un’occasione d’oro per me, te ne sono proprio grato!
Quante volte ognuno di noi portieri ha sentito questa frase: il portiere è l’unico giocatore che non può sbagliare. Cioè se un attaccante sbaglia, un centrocampista o un difensore sbagliano, è una cosa; ma se il portiere sbaglia è un errore grave, gravissimo. Da piccolo mi dicevo: perché solo coi portieri si parla di “papere” e non coi centrocampisti?! È un’ingiustizia!! Insomma: tutti ce l’hanno col portiere?!
Allenandomi e crescendo nel tempo, l’osservazione è diventata un’altra: ti rendi conto della responsabilità?! La responsabilità di una porta, di una partita, addirittura di un risultato(!!!)
Lo sport fa diventare grandi e noi portieri abbiamo la responsabilità di diventarlo più in fretta! Dobbiamo fare scelte più rapidamente, valutare situazioni con prontezza, avere il coraggio di lanciarci, di rischiare e avere l’intelligenza di non subire il giudizio degli altri. Il nostro errore pesa di più, è vero. Ma questo accade perché da noi si esige di più: essere attenti, svegli, forti, ed esserlo ogni domenica!!! Si è più esigenti coi portieri perché non gli si chiede di essere bravi, ma essere perfetti, i migliori! Da un attaccante ci si può aspettare una partita mediocre, da un portiere no!
Che bello essere su questa strada! Io sono molto cambiato caratterialmente facendo il portiere. Non dipende dalla categoria, dal campo in terra o in erba, dal torneo dell’oratorio o Champions league, ma solo dall’impegno che ci mettiamo nel diventare grandi. Un giocatore che non cresce umanamente, non migliora calcisticamente, e viceversa.
Questa sfida è uguale a quella che abbiamo nella vita: saper prendere decisioni in azienda, non offendersi per un richiamo dei genitori, non lasciarsi andare al totale istinto, rischiare per ciò che vale.
Poi, se ci pensate bene, il portiere è chiamato a intervenire quando qualche compagno più lontano ha permesso all’avversario di avvicinarsi alla nostra porta. Insomma, deve un pó “riparare” all’errore di qualcun altro, al verificarsi di una situazione non bella, che, se tutto andasse bene, non dovrebbe accadere. È la situazione che non vorremmo sia accaduta a Silvio.
Eppure cosa fai di fronte all’attaccante avversario che sta arrivando palla al piede? Proprio di fronte a te che sei l’ultimo giocatore? Gli lasci la porta spalancata e ti disperi della sconfitta?
Cos’ha fatto Carolina, moglie di Silvio, di fronte alla situazione spiacevole della sua morte? Credo che lei, con la compagnia di amici, abbia imparato il coraggio di essere portiere; abbia osservato che, di fronte all’accaduto, ha una grande responsabilità. Quella di difendere ciò che di buono, bello e vero lei ha vissuto nella sua esperienza di moglie, madre e donna. Questa è la nostra responsabilità, di ognuno di noi. Mai lasciare che le cose accadano senza di noi; il nostro essere portieri ci “allena” ad essere protagonisti della nostra vita. Silvio ne è un esempio.
L’augurio è che, dal campo di calcio, possiamo imparare a vivere intensamente tutti gli altri aspetti della vita: il portiere non è solo un ruolo calcistico, ma è un modo di essere.
Tommaso