VAN THUAN “Libero tra le sbarre” – Incontri di lettura
LUNEDI’ 06/13/20/27 APRILE 2020 LUNEDI’ 04 MAGGIO 2020
«Si fece un silenzio denso, interrotto solo dal volo di un moscone che solcava lo spazio soffocante dell’ufficio. “Nguyen Van Thuan – continuò solennemente l’ufficiale -, ti abbiamo fatto portare qui perché sei colpevole di aver causato problemi al Governo del popolo sovrano del Vietnam. Sei accusato di propaganda imperialista e di essere un infiltrato delle potenze straniere”».
È il 1975. Con queste parole François Xavier Nguyen van Thuan, da poche settimane nominato arcivescovo coadiutore di Saigon (Hochiminhville, Vietnam), viene accusato di tradimento e arrestato. Trascorrerà in prigione 13 anni di cui 9 in isolamento.
Una vita spesa nell’adesione coerente ed eroica alla propria vocazione, come dirà di lui Papa Giovanni Paolo II. Una storia che merita di essere raccontata.

Conclusa la lettura è stato chiesto ai partecipanti una riflessione sul contenuto:
di seguito le testimonianze raccolte.

Abbiamo proposto il libro innanzitutto perché, conosciuta una storia come questa, non si può non sentire subito, insieme allo stupore e alla gratitudine, il desiderio che la conoscano tutti. Il Centro Culturale stesso è nato con e per questo desiderio.

Non abbiamo proposto una presentazione, nè una selezione dei capitoli più significativi, ma una lettura insieme. La proposta di leggerlo insieme prende spunto da quanto Van Thuan dice a Tu Ha a pag.321: “Ahimè, Tu Ha. E tuttavia, devo ringraziarti. Ho scoperto una libertà che conoscevo, ……ma che non avevo vissuta.”  In tutti questi anni di movimento, i libri del mese sono stati una cosa che abbiamo sempre conosciuto attraverso incontri e presentazioni ma poi, spesso, sono scorsi via non letti per tanti motivi, a volte anche comprensibili. Così ci è sembrato che l’esperienza più bella da condividere fosse innanzitutto proprio quella della lettura, come richiamo al fatto che qualunque presentazione, seppur bella, non avrebbe potuto farci assaporare il fascino che l’esperienza ha nel viverla. E leggere un libro è un’esperienza e condividerla avvicina rendendoci l’altro meno estraneo.

Centro Culturale E. Mounier

Come esco da questa lettura: con una grande pace, perché non è risparmiata la lotta ma non c’è più nessun motivo per dubitare. E più consapevole che bisogna farsi mendicanti sul serio.

Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo” e il primo a mendicare il cuore di Van Thuan, per potersi fa prossimo a “poveracci” altrimenti dimenticati, scartati, inutili, è proprio Cristo. Questa è una cosa che mi ha particolarmente commosso: che Lui, come ebbe a dire il Papa, sempre ci “primerea”.
“Quel che accade non è quel che vogliamo, ma quello di cui abbiamo bisogno” è l’esperienza di Van Thuan, ma innanzitutto di Cristo che, bisognoso di raggiungere tutti, mendica la ns. libertà.

Antonio

La figura del vescovo Van Thuan, poi nominato cardinale, emerge da questo libro per il dono che aveva di tenere e creare compagnia e quindi speranza, nelle situazioni drammatiche che si trovava a vivere, alla gente che incontrava. Non c’era nessuna precondizione a questa amicizia ma la sua persona entrava subito in sintonia con il cuore degli altri anche quelli di altre religioni o atei, nonché con coloro che si volevano suicidare e con le sue stesse spie, perché la prigionia e i cambiamenti repentini di luogo e ambiente l’avevano costretto ad educare continuamente il proprio cuore al rapporto con il Mistero che si incarnava nella sua vita: “La mia missione è un regalo del cielo. E la posso compiere sia in un palazzo episcopale che in una prigione”. Il libro ci mostra nella storia di quest’uomo la verità in atto della frase di Don Giussani: “Il Mistero come misericordia resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia”.

Alfredo

Conoscevo gia’, almeno un po’, la vita del vescovo Van Thuan; avevo letto precedentemente il libricino “IL CARDINALE VAN THUAN la forza della speranza”, regalatomi, a marzo del 2017, dalla mia amica Morena per il compleanno. Rileggere ora il libro “VAN TUAN, libero tra le sbarre”, lettura fatta su collegamento (per emergenza Covid) e proposta dal centro culturale, mi ha messo una pace strana nel mio cuore e rinfondare una certezza: chi mi puo’ togliere questo Dio che vince su tutto? La lettura del libro, che ho avuto in mano solo qualche gg fa’, mi ha presa totalmente, tanto da finirlo in pochi giorni.  Vorrei chiudere citando un passaggio che si trova a pag. 140 del libro, un pezzetto di dialogo tra Thuan e Thao, in mezzo al letame: Thao – Padre, non sono degno di Lui.. non lo vedo da nessuna parte, spesso mi si riempie il cuore di rabbia Thuan – chiedigli perdono, chiedigli aiuto e vedrai come non puo’ resistere!! Ecco l’idea che Dio non possa resistere al mio chiedergli perdono, mi fa tirare un bel sospiro di sollievo e mi fà sentire come dentro un abbraccio caldo… e quindi chi mi puo’ togliere questo?? Proprio nessuno.

Vilma

Mi sono unita a questo gruppo di lettura in punta di piedi, spinta fondamentalmente dalla mia passione per la lettura. In questi mesi di chiusura quasi totale è stato bello ritrovarsi “virtualmente” con altre persone e condividere l’esperienza di ascolto di questo libro interessantissimo. Un plauso al nostro lettore che non si è limitato a leggere alcuni capitoli del libro, ma ha introdotto il personaggio e la storia, inoltre si è soffermato a spiegarci alcuni particolari inerenti il periodo storico/politico in cui è ambientato il romanzo, consentendomi di poter seguire in modo agevole il racconto, nonostante non avessi letto l’intero libro, che mi ripropongo di fare non appena possibile.
La scelta del libro, a mio parere, è stata azzeccata. Personalmente non avevo mai sentito parlare di Van Thuan, pur essendo un nostro contemporaneo, e per questo mi sento in dovere di ringraziare l’associazione per avermi fatto conoscere un altro importante e coraggioso testimone di fede, la cui vita merita di essere celebrata ed essere portata ad esempio per tutti. “Libero tra le sbarre” è una frase emblematica che racchiude tutta la forza e il coraggio di Van Thuan, che ha fatto della fede in Cristo il suo scudo di fronte alle ingiustizie ed avversità subite, ma che è stato anche esempio e redentore per i suoi compagni e nemici. In questi momenti di difficoltà, conoscere una parte della sua vita è stato per me un importante sostegno.
Un ringraziamento a tutti.

Daniela  

Van Thuan mi aiuta a rileggere le mie ferite passate, ma che sono sempre presenti perché non del tutto dimenticate, perché non perdonate. Ecco, lui è l’esempio più vero del perdono, voglio averlo presente quando la vita farà delle scelte che mi corrispondono poco o per niente. Mi ha dato un metodo per guarire. Mi ha fatto scoprire la regola del buon vicinato, guardare i pregi di chi hai vicino e non mettere sempre davanti i difetti. Per dirla come dice Silvio Cattarina: con un occhio guardi chi hai davanti e con l’altro guardi Dio.

Marisa

Questo libro è riuscito a esternare dei miei pensieri: soprattutto ad esternare e rendermi concreto quando uno è certo del bene dell’amore di Dio per ciascuno di noi. È un libro che scende nella carne e ti permette d’immedesimarti.
Il primo aspetto che mi sale agli occhi è questo amore che Van Thuan porta con sè sempre, è sempre certo, si rende conto e lo dice nel romanzo che “L’odio è un groviglio che ci soffoca”. Durante la sua prigionia e isolamento sarà sempre gentile con tutti e avrà sempre un sorriso, tanto che le stesse guardie non si capacitano che dopo diversi anni possa continuare in quella posizione; una guardia gli tirerà due secchiate di acqua e lui ringrazierà. Chiederà a Dio che gli regali un cuore come quello della madre, in grado di trasformare l’odio in amore. Alla domanda di Thao: “Non voglio dubitare di Dio … ma perché tutto questo? Lui si che ha il potere d’impedire le disgrazie.” –  Thuan risponderà: “… quando il male non è impedito, è solo per un bene migliore per noi”. In un’altra situazione, molto drammatica, ricorda che sua madre gli ripeteva convinta di vivere il momento presente riempiendolo d’amore. Mi viene in mente anche l’incontro fatto con Mencarelli, quando dice di essere stato educato dai suoi genitori tramite esempi concreti di come si ama.  Ripenso anche a quando Morena metteva in evidenza l’educazione “morale” dei ragazzi di Cattarina.
In queste vicissitudini drammatiche, la forza di Van Thuan è sempre data dalla certezza della sua appartenenza a Dio, si porterà sempre dietro la “saponetta e la medicina per lo stomaco”. Anche qui mi torna in mente l’incontro con Mencarelli, che ad un certo punto dice: la grandezza c’è sempre (La grandezza c’è dappertutto) e siamo noi a doverla individuare. La suora, ad esempio, stava semplicemente assolvendo il suo compito, ma Mencarelli ci ha visto di più. È la grandezza che smuove, non solo la bellezza: dove gli altri vedevano cose normale io vedevo la grandezza

Donatella Violini

Non conoscevo Van Thuan, né la sua storia; credevo sarebbe stato un libro molto triste, mi sbagliavo. Un uomo con un coraggio e una forza d’animo incredibile 13 anni di prigionia, non si è mai arreso, avrebbe potuto farlo in qualunque momento, ma ha lottato. È sempre stato gentile con tutti, guardie comprese, ed è riuscito a fare del bene anche nella sua condizione, ha visto la parte migliore di ognuno. Trovo incredibile che nonostante la sua prigionia non si sia perso d’animo. Al suo posto non credo avrei la sua stessa forza e tenacia, un grande esempio da seguire.

Martina

Van Thuan nel libro “Libero fra le sbarre”, da sconosciuto che era per me, è diventato un amico che mi ha tenuto compagnia in questo particolare periodo. Poter leggere la storia di questo vescovo vietnamita, incarcerato per ben 13 anni è stata la possibilità di fare, attraverso lui, esperienza di libertà.
Leggendo il libro è chiaro che “Libero fra le sbarre” non è uno slogan, ma una certezza di un cammino umano che non nasce e si alimenta dalle proprie capacità ma è la dimostrazione di cosa può fare Dio. La cosa che più mi ha sorpreso nella lettura del libro è stato il suo amore e gratitudine verso tutti quelli che ha incontrato in carcere, che non si può spiegare con nessuna legge del mondo.
Di questo virus contagioso di amore e gratitudine si sono accorti anche i suoi carcerieri che non sapendo più come fermarlo decidono di scarcerarlo, senza nessuna sentenza, sorpresi anche loro di che cosa rendesse quell’uomo veramente libero.
Ora dopo la lettura del libro mi chiedo: Come sta avvenendo in me questo contagio?
Per rispondere parto dall’inizio di questa avventura del Centro Culturale E.Mounier. Il Paziente Zero di questo contagio è stato un amico che, affascinato dalla vita di questo uomo, ha proposto al direttivo non una presentazione del libro ma la lettura vera e propria e io, senza nemmeno accorgermi, ho aderito con entusiasmo all’iniziativa.

Emanuela

Mentre stavo leggendo il romanzo, mi è capitata tra le mani la poesia di Patrick Kavanagh Confessione. Ad un certo punto il poeta irlandese scrive: “[…] Dobbiamo essere nulla,/Nulla, perché Dio possa farne qualcosa.” Queste parole mi hanno subito ricondotto alla vicenda di Van Thuan quando, in un serrato dialogo, Dio gli chiede: “Ami me o le opere che fai?” (v. 68). Alla domanda il vescovo confessa tutto il suo orgoglio, il desiderio di realizzazione e successo. Al contempo lo offre al Signore che lo invita a fidarsi di Lui. “Mio Dio, voglio scegliere te e voglio regalarti le mie opere. […] Non so se sto per impazzire, ma l’unica cosa che mi interessa ormai sei tu. Resta con me. Ho bisogno della tua presenza in questa oscurità.” (v. p. 69) Mi colpisce questo affidamento, questa scelta, questo mettersi in gioco nelle mani di un Altro, affinché Lui porti a compimento il destino. E’ da qui che nasce la fecondità, la missione, il contagio; ciò che lo fa essere strano, eppure più vero, inattaccabile perché lo Spirito abita ogni gesto e ogni emozione, compresa la paura. Rispondendo al prigioniero Thao, Van Thuan dice: “Ti confesso che ora mi ritrovo con una forza interiore di cui io stesso mi meraviglio. Ma sono stato paralizzato dal terrore. […] Ma dopo essere ritornato più volte a Lui, mi sono reso conto, quando ormai non possedevo più niente, è stato facile consegnargli l’ultima cosa: la paura.” (v. p. 119) Essere nulla per essere di più.

Bruno

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2021-02-11T00:34:44+01:00

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