Titolo Originale: La ùltima CIMA
Paese: Spagna
Anno: 2010
Regia: Juan Manuel Cotelo
Sceneggiatura: Juan Manuel Cotelo
Produzione: Infinito mas uno
Durata: 82
Don Pablo Domínguez



Scheda del film tratta da:
http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=17&ricerca=cotelo&id_n=18752
E’ un documentario su Pablo Domínguez, sacerdote madrileno morto nel febbraio del 2009 in un incidente, mentre scendeva dalla cima del Moncayo in Spagna. Aveva 42 anni. Non è facile trovare oggi, nei mezzi di comunicazione, modelli di buoni sacerdoti. Invece, abbondano informazioni esaustive e dettagliate, su sacerdoti che danno scandalo con il loro cattivo esempio. Sappiamo quasi tutto su di loro, grazie al lavoro di molti giornalisti, sceneggiatori e registi. L’ultima CIMA mostra un tipo di sacerdote di cui nessuno parla: generoso, allegro, attivo, umile… . Sacerdoti che servono Dio nell’anonimato, servendo il prossimo. Pablo è stato semplicemente un buon sacerdote.
Cosi racconta il regista J. M. Cotelo :
“Gli esperti me l’hanno detto, se in pubblico, vado a crocifiggere un prete, facilmente vado a procurarmi importanti premi della critica, ma se per caso vado a parlar bene di un sacerdote, allora sono io ad essere CROCIFISSO! Questo è un problema, perché ho conosciuto un sacerdote bravissimo e mi piacerebbe raccontare di lui.” “…perché Pablo era niente di più e niente di meno che un buon prete!”
Don Pablo Dominguez classe ’66 era un prete dalla faccia allegra, quasi sfacciata, che parla della ragionevolezza della fede, della bellezza che la fa scoprire, della dittatura della falsa ragione, e diceva “Per credere in Dio bisogna usare la Testa!” Possibile?
Bisogna vederlo questo video, anche se fai fatica a non essere libero di staccare l’attenzione, perché ogni scena è un racconto nuovo, è un modo di guardare, diverso; è una pugnalata, a volte uno schiaffo, ma ti appartiene, ci sei dentro, ci sono dentro intero e mi vergogno, perchè ti fa domandare: – come si può essere uomini così, senza niente di più estraneo, vicino a tutto e tutti, anche se non sono un prete, un buon prete? Un prete che aveva la passione per l’uomo reale che aveva accanto, che non diceva mai di no a nessuno e incontrava l’umanità di tutti, perché Qualcuno, Cristo aveva incontrata la sua. Tanto che non diceva mai “Yo” ma sempre TU, viveva la sua vita con le famiglie, con gli amici preti, con i bambini, come se quella Vita non fosse la sua, ma di un Altro, scherzando, allegro, senza prendersi sul serio ma prendendo sul serio tutto e tutti gli incontri. Raccontano di lui però, il regista Cotelo lo conferma, (era il suo segreto): che era un drogato, uno che ricorreva al doping. Quel prete istruito che parlava facile, per farsi comprendere da tutti, che abbracciava un povero anche se era pieno di pulci, aveva una debolezza, un qualcosa che lo teneva in piedi e che lo sosteneva nei momenti no.
Il suo segreto? Un pezzo di pane, alzato verso il cielo – Questo è il mio corpo – e offerto anche davanti alle vette scalate, tutte le volte che poteva, sulle cime conquistate e amate, e un goccio di vino – Questo è il mio sangue, fate questo in Memoria di me!