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I FALEGNAMI[prima parte]
Già dal 1890 in Acqualagna c’era un’attività di falegnameria. Per esempio in Corso Roma c’era il nonno di Peppe, Oreste Orlandi che fabbricava botti. A cavallo della seconda Guerra Mondiale l’attività dei falegnami si è andata sviluppando sempre più, diventando molto importante per la nostra economia.
L’elenco dei falegnami è piuttosto lungo: Romeo Manzini, Aristide Lesina, Pio Severini, Giuseppe Lucciarini, Enrico Fiorani, Ettore Cardinetti, Foghetti. Forse per un paesino come il nostro erano anche troppi, tanto è vero che dopo la guerra nacque una Cooperativa, la C.O.F.E.A. (Cooperativa Falegnami Ebanisti di Acqualagna) che purtroppo ebbe vita breve, forse perché non c’era mai stata l’abitudine degli artigiani di mettersi assieme al fine di produrre mobili e venderli.
Molti acqualagnesi fin da bambini furono avviati nelle varie botteghe per imparare un mestiere, magari facendo la colla dentro un tegamino. Chi poteva prendere più bambini, forse perché avevano più spazio, erano Romeo e Aristide. Ricordo che nostro padre, il Dottor Raffaele Mangani, aveva una sala in mogano che Romeo riprodusse fedelmente.
Questi bambini, inesperti del mestiere, procuravano danni e arrabbiature del datore di lavoro. Si poteva vedere Rivulvrin (Aristide) che correva dietro a un monello che fuggiva come un gatto per non buscarle. Mentre Romeo e Aristide lavoravano per il paese, gli altri falegnami lavoravano per la campagna. I lavori erano di ottima fattura. Erano bravi a fare botti Riccardo Ducci e Ettore Cardinetti, incastri a coda di rondine Pio Severini e le bigonze Foghetti. C’è da dire che i titolari della falegnameria per dare lavoro agli apprendisti, rischiavano di pagare qualche multa perché i bambini non avevano il libretto di lavoro. Tra gli apprendisti c’era Orazio Sanchini che è stato portiere dell’Acqualagna, prima della nascita della “Falco” ed è morto prematuramente in guerra. Le pulizie della bottega le facevano la domenica quelli che davano più fiducia e avevano le chiavi. La paghetta non esisteva.
Talvolta capitavano fatti comici. Per esempio Aldo Ceccarini, della La Monghena, rimproverato da Aristide, lo prese per le chiappe e lo sbatté dentro a un credenzone e se la diede a gambe. Tra una birichinata e l’altra c’è stato anche chi ha imparato il mestiere, mettendosi magari in proprio e guadagnandosi da vivere. Questo accadeva prima che l’ENI, presieduta dal concittadino Enrico Mattei, assumesse questi artigiani che hanno abbandonato il nostro paese per andare a lavorare chi a Ravenna, chi a Milano, creandosi un avvenire sicuro ed una famiglia, senza problemi economici. C’è però da dire che, a iniziare dalla metà degli anni Cinquanta, Acqualagna si è spopolata. Ciononostante questa tradizione artigiana non si è spenta. Da un lato, assumendo i caratteri della piccola industria come nel caso del Mobilificio “Lesina”, in cui Lamberto ha affiancato il padre Aristide o in quello dei F.lli Fiorani che hanno seguito la traccia del padre Enrico. Dall’altro rimanendo un’attività di bottega, legata ai nomi di Enea Torri, Valfrido Mascellini, Volgardo Stagnozzi, Leonardo Ducci e i mitici Tom e Ciuff (Damaso Capanna e Alfredo Gamba).
Gianfranco Mangani